cronaca

Matera, cosa resta della Capitale europea della Cultura?

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Un anno fa il presidente della Repubblica, Sergio Mattarellaaveva salutato il 2019 di Matera Capitale Europea della Cultura come la tappa di un riconoscimento della ricchezza lucana da parte dell’Europa, “cultura che costituisce il tessuto connettivo della civiltà europea, […] non di pochi, ma inclusione che genera solidarietà”. A distanza di un anno,  la città ha fatto proprie quelle parole, non solo incastonandole in una rete fatta di fruizione artistico-museale, ma puntando all’edificazione di una “cultura viva”, composta anzitutto di attori vivi, dunque persone. Come, infatti, ricorda Salvatore Adduce, Presidente della Fondazione Matera Basilicata 2019, lo slogan di tutto il percorso che ha portato all’evento annuale appena conclusosi è less bricks, more brain: meno mattoni, più cervello. L’intuizione è essenziale: la cultura è tale se fatta da attori, se coinvolge le loro esperienze e competenze. Solo in questo modo si può guardare a un futuro “aperto”, come tra l’altro, sembra suggerire proprio il titolo del dossier di Matera 2019, Open Future. I numeri sono chiari: 74mila i “passaporti” venduti – cioè i pass che hanno consentito l’accesso agli eventi di Matera 2019 – di cuil il 54% acquistati da “cittadini permanenti”, il 46% da “cittadini temporanei”, per un totale di 328mila accessi agli eventi. Cifre che attestano un movimento dei flussi turistici di non poco conto, con un aumento del 30% di presenza di turisti stranieri per un ammontare di un milione di pernottamenti nel 2019

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