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Covid-19, da modello a cavia: cosa aspetta l’Italia nel dopo-virus

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L’Italia avrebbe volentieri fatto a meno del ruolo di apripista e di modello nella pandemia da Coronavirus che sta aggredendo tutta l’Europa. Anche perché in questo ruolo è compreso quello, davvero scomodo, di cavia. Agli occhi del mondo siamo di fatto tutto questo da quando il virus ha lasciato la Cina e l’Estremo Oriente per dirigersi verso Ovest. Per varie settimane i nostri partner europei hanno creduto e/o sperato che l’Italia fosse una sorta di caso estremo ed isolato dell’epidemia e hanno cominciato a chiuderci in faccia le frontiere; oggi hanno dovuto accettare l’idea che tutti i paesi sono sulla stessa barca. E tuttavia il riflesso alla chiusura a riccio continua: ben sette Paesi, a cominciare dalla Germania, finora hanno sospeso Schengen. E’ bastato a Berlino un tratto di penna per mettere in mora forse il frutto più apprezzato, tra i non molti, dell’integrazione europea. E questo è sicuramente tra i primi plinti della costruzione unitaria che si stanno incrinando.

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