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Consumo di pesce: l’allarme del WWF

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Il WWF ha lanciato un allarme relativo allo stato e alle condizioni dei mari europei, avvisando che da luglio sulle nostre tavole arriveranno solo pesci d’importazione. In realtà questa è una misura che viene sempre presa, ma è da anni che il periodo di stop alla pesca nostrana viene anticipato. È un chiaro segnale di allerta dovuto come detto alla salute dei mari del Vecchio Continente, per certi versi definita come “drammatica” dal WWF. Il vero problema riguarda lo sbilanciamento fra domanda e offerta con la prima nettamente superiore alla seconda. Già a luglio, almeno secondo le ultime stime, le famiglie italiane esauriranno la produzione annua prevista per il 2020, anche per via della maggiore richiesta durante l’estate.

L’allarme lanciato dal WWF sul pesce

Si tratta di un tema non semplice da studiare, tanto che nemmeno gli esperti riescono a dare uno spaccato chiaro della situazione. Ma è comunque possibile fare una sintesi del vero problema alla base di tutto: la Penisola consuma questa risorsa naturale ad un ritmo superiore al popolamento dei mari, di conseguenza stiamo letteralmente svuotando gli oceani. Così si spiega il collasso degli stock di pesce, che ovviamente non riguarda solo l’Italia o l’Europa, ma il mondo intero. Un esempio può essere fatto citando le meduse, negli ultimi anni molto diffuse nei mari italiani. Ebbene, i pesci si cibano di meduse e quindi, per via dell’impoverimento della fauna ittica, le seconde sono aumentate di numero. Come anticipato, è un tema difficile, perché chiama in causa anche l’inquinamento, la pesca illegale e il riscaldamento globale.

Il consumo di pesce in Italia: ecco i dati

Un italiano medio consuma circa 29 chili di pesce ogni anno: è un dato di molto superiore alle medie europee, ma a sua volta più basso rispetto ad altre nazioni come il Portogallo, dove si arriva addirittura a 60 kg pro capite. I consumi negli ultimi anni sono aumentati parecchio, anche sui canali digitali: oggi, infatti, è in crescita il dato relativo all’acquisto di pesce fresco online su supermercati telematici tipo EasyCoop. In tutto questo emerge il problema della sostenibilità della pesca marittima, che continua a peggiorare di anno in anno, con l’impoverimento delle risorse dei mari. In sintesi, si provocano dei gravi danni all’ecosistema in generale, non solo per le specie a rischio, ma anche per la salute dei fondali. E la situazione è destinata a peggiorare: secondo le stime della FAO, tenendo questi ritmi nel 2030 si arriverà ad un incremento del consumo di pescato pari al +18% rispetto ad oggi. A questo punto appare quindi inevitabile lo sviluppo di un modello di approvvigionamento ittico più sostenibile.

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