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Meditazione e digitale

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GIUSEPPE ROTUNDO

Il cellulare ormai è una vera propaggine del nostro braccio. Per lavoro o per svago la nostra attenzione è catturata dal suo schermo centinaia di volte al giorno. A volte il contatto è obbligato ma nella maggior parte dei casi siamo vittime di un controllo compulsivo privo di reale utilità. In fila alla cassa, aspettando un amico o in un attimo di noia, l’inseparabile schermo luminoso si accende per riempire quegli attimi che non sapremmo più come gestire. E allora ci lanciamo nel controllo delle mail, dei like al nostro ultimo post social o della notifica WhatsApp. Spesso siamo seduti a tavola o in poltrona, in compagnia di continue e fugaci occhiate allo smartphone. Di fatto siamo in presenza di un importante cambiamento comportamentale dovuto alla digitalizzazione. Abbiamo lasciato al cellulare una buona fetta di sovranità nello scandire i ritmi della nostra giornata. Un riempitivo, a suon di notifiche e impulsi led, di quelli che una volta erano puri, sani e necessari momenti di vuoto e di noia. Parliamoci chiaro. Farne a meno ormai non si può. Ma c’è ancora margine per gestire questa iper connessione continua. Proviamo a fare un esercizio. La prossima volta che avvertiamo l’impulso di controllare il telefonino magari chiediamoci se ne vale davvero la pena e quanto sia necessario. Proviamo a volgere lo sguardo altrove, intorno a noi, magari incrociando lo sguardo di un nostro simile. Sperando ovviamente che non sia lui ad avere il capo chino per controllare l’ultimo like arrivatogli.

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