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Approvato il nuovo decreto flussi: 500mila ingressi regolari in tre anni, ma le imprese chiedevano il triplo

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Via libera dal Consiglio dei ministri al nuovo decreto flussi: 500mila ingressi regolari di lavoratori extracomunitari in tre anni. Una cifra che a prima vista può sembrare imponente, ma che in realtà appare decisamente insufficiente se messa a confronto con i fabbisogni reali del mercato del lavoro italiano. Le quote previste – 164. 850 per il 2026, 165. 850 per il 2027 e 166. 850 per il 2028 – sono il frutto di una programmazione triennale attesa da tempo, soprattutto da parte delle associazioni di categoria. Ma proprio queste ultime, ora che il decreto è stato varato, sottolineano una verità piuttosto amara: è troppo poco.

Secondo Confindustria, l’industria italiana ha bisogno ogni anno di almeno 150mila lavoratori extracomunitari per sostenere i ritmi produttivi messi a dura prova da un lato dall’invecchiamento della popolazione e dall’altro da una curva demografica che punta decisamente verso il basso. A questi si aggiungono altri 72mila lavoratori richiesti per servizi fondamentali come l’assistenza domiciliare, le case di cura, il lavoro di colf e badanti. E se allarghiamo lo sguardo alla sanità, il quadro diventa ancora più urgente.

L’economista Carlo Cottarelli ha fatto un’analisi spietata: per mantenere la popolazione italiana stabile al livello attuale servirebbero 290mila immigrati netti ogni anno fino al 2035, e addirittura 344mila fino al 2050. Considerando che l’Istat prevede una perdita naturale di 140mila residenti l’anno, le entrate lorde dovrebbero attestarsi tra i 430mila e i 484mila nuovi ingressi annui. Il nuovo decreto flussi, con le sue 500mila unità complessive spalmate su tre anni, rappresenta dunque poco più di un terzo di quel che servirebbe. Una discrepanza che grida urgenza.

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