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«Se saremo costretti taglieremo il gas all’Europa» – La minaccia di Lucashenko

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a crisi della Bielorussia si arricchisce di un nuovo, importante e triste capitolo. Ma prima di procedere con lo scoprire l’avanzamento della trama è utile un riepilogo delle puntate precedenti. Apriamo dall’inizio questo libro. Capitolo primo: la sanzione. Tutto inizia poco più di un mese fa, nell’ambito dello sbarco di migranti ai confini dello stato governato da Aleksander Lukashenko. A dare il via all’effetto domino è l’Unione Europea: Bruxelles, dopo la riunione tenutasi tra i ministri degli Esteri degli stati, decide di intervenire contro Minsk in modo tale da scoraggiare l’attraversamento illegale delle frontiere esterne dell’UE. Viene posto un primo freno al regime di Lukashenko, che non si era contraddistinto per la legittimità delle sue azioni. Capitolo secondo: l’avvertimento. I balli si fanno in due, e alla danza degli incidenti diplomatici partecipa alla Polonia. A dirla tutta Varsavia, in particolare il premier Morawiecki, si era resa protagonista di un disdicevole dietrofront nel far volare parole grosse contro l’UE. Nell’ambito della crisi bielorussa le parole del premier polacco sono tutte in una sola direzione: difendere i confini dell’Unione Europea dagli sbarchi dei migranti, con tutti i mezzi possibili.

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