cronaca

Quel caos tra Stato e Regioni che non piace al popolo

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I balconi, con i loro canti e balli, ci avevano illuso. Con le serenate alla luna, poi, avevamo addirittura sperato. Anzi, sognato. Ma non la conquista di Marte, molto più banalmente la scoperta di un Paese normale, unito, saldo dalle Alpi alla Sicilia. Capace di affrontare, unitariamente, l’emergenza sanitaria e la conseguenziale crisi economica. La quale rischia di essere un dramma profondo, lacerante, tanto quanto la tragedia nazionale da Coronavirus. Ci eravamo illusi. E’ bastato poco, pochissimo, per tornare ad essere la solita Italietta, divisa per bande, contrapposta per campanili, frazionata in mille formazioni politiche in rissa fra loro per il solo fatto di esistere.

Nemmeno il dramma del Coronavirus ci ha reso migliori. Passata la fiammata iniziale siamo tornati al punto di partenza. Il Nord contro il Sud, il governo centrale contro le regioni del lombardo veneto, le amministrazioni di centrosinistra contro quelle di centrodestra, a sua volta in contrapposizione con quelle venate di grillismo. Il solito caos, nonostante lo si stia giocando sulla pelle della gente, su quei numeri quotidiani fatti di persone, non di entità astratte. E questo fa male, tanto quanto il numero dei decessi. La contrapposizione, giocata a colpi di ordinanze e decreti, fra Regione Lombardia e governo centrale, quello guidato da Giuseppe Conte, non è solo il paradigma di tutto questo, ma l’epifenomeno di un braccio di ferro politico il cui vero portato sta da un’altra parte. Non certo dentro alla gestione della Sanità.

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