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Nordio sconfitto. Le intercettazioni non sono più una barbarie: il governo ne estende l’uso

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“Noi interverremo sulle intercettazioni molto più radicalmente. Che questa sia una barbarie che costa 200 milioni di euro l’anno per raggiungere risultati minimi è sotto gli occhi di tutti”. Parlava così Carlo Nordio, il 17 giugno, a Taormina. In quella circostanza il ministro della Giustizia ripeteva – come aveva fatto altre volte negli scorsi mesi – ciò che ha sempre sostenuto: le intercettazioni sono troppe, spesso non servono e invadono eccessivamente la privacy. C’è stato un momento – breve, perché poi è stato costretto a rettificare – in cui ha messo anche in dubbio l’utilità delle intercettazioni per accertare i reati di criminalità organizzata: “I mafiosi non parlano al telefono”, era la tesi.

Bene: prendete tutte queste parole, rileggetele e poi cancellatele, perché in Consiglio dei ministri oggi arriva una norma che va nel senso opposto rispetto alle parole del ministro. Uno dei due decreti che saranno portati nell’ultima riunione dell’esecutivo prima della pausa estiva prevede l’estensione dell’utilizzo delle intercettazioni. È la norma salva processi di mafia, paventata dal sottosegretario Alfredo Mantovano qualche settimana fa. Quando al plenipotenziario di Giorgia Meloni in tema di giustizia è stato dato mandato di silenziare il Guardasigilli sul concorso esterno in associazione mafiosa, Mantovano si era detto più preoccupato da una sentenza della Cassazione che, sosteneva, “ha rivisto il concetto stesso di criminalità organizzata” e “creato allarme nei tribunali”. Nello specifico, ad allarmarsi è stata l’antimafia, che ha sostenuto che la sentenza 34895 del 2022 mettesse a rischio alcuni processi connessi alla mafia.

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