Vigili del fuoco

Implicazioni psicoemotive e nuovi paradigmi organizzativi nella risposta dei vigili del fuoco all’emergenza epidemiologica da Covid-19 – PARTE SECONDA

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di LUIGI DE LUCA – [Direttore Coordinatore Speciale del CNVVF, Sociologo –  responsabile regionale per la Comunicazione in emergenza e per i Centri di Documentazione Video-Fotografici dei Comandi Provinciali VVF della Sicilia.

Un nemico invisibile – Al di là della specifica competenza sulle questioni NBCR (Nucleari, Biologiche, Chimiche, Radiologiche), più in generale, il soccorritore vigili del fuoco è abituato a contrastare e combattere un nemico ben visibile e chiaramente identificabile, come le fiamme di un incendio piuttosto che la violenza della acque durante un evento meteorologico avverso.

E’ abituato ad affrontare qualcosa di tangibile, che si possa toccare e afferrare con le mani o che si possa facilmente e fortemente percepire anche a distanza, come il calore ed il fumo sviluppato da una combustione incontrollata.

Un elmo con visiera, un completo antifiamma, delle calzature antinfortunistiche sono dispositivi di protezione individuale destinati alla protezione da elementi tangibili e grossolani, ovvero fisicamente rilevanti che possono avere un impatto grave e immediato sull’incolumità fisica del soccorritore.

Un microrganismo come un virus, non lo possiamo vedere, non lo possiamo sentire, non lo possiamo percepire in alcun modo.

Quello che tutti stiamo combattendo è un nemico invisibile. I nostri sensi non sono in grado di percepirlo, e anche quando si è già insinuato nel nostro corpo, lo riconosciamo soltanto attraverso i sintomi che ci procura la malattia.

Questo lento incedere della crisi, questo suo strisciare tra le pieghe della nostra normalità, insieme all’impossibilità di percepirne la minaccia concreta, sono elementi che possono aver inizialmente disorientato il soccorritore vigile del fuoco, mettendolo di fronte alla necessità di una ristrutturazione cognitiva delle proprie percezioni e del proprio comportamento e che gli hanno richiesto di ricorrere a tutte le sue potenzialità adattive e di risoluzione dei problemi.

La ricerca e la messa a sistema di nuovi paradigmi organizzativi e l’apertura verso compiti e attribuzioni di più ampio respiro, non precedentemente codificate rispetto ai compiti istituzionali tradizionali, hanno verosimilmente permesso, al soccorritore vigile del fuoco, il superamento di queste iniziali difficoltà nella strutturazione cognitiva delle azioni da compiere, in relazione alle nuove peculiarità di questa crisi sistemica.

La mappa è il territorio” – In questa emergenza c’è una dimensione “territoriale” indefinita che è rappresentata dal fatto che la “trincea”, ovvero la prima linea di combattimento con il “nemico” ha una precisa collocazione fisica all’interno delle strutture ospedaliere e sanitarie. Un territorio la cui rappresentazione cognitiva, ovvero le cui “mappe concettuali”, appartengono quasi esclusivamente al personale sanitario (medici, infermieri, ausiliari, ecc.).

Solo chi conosce le rappresentazioni di quel territorio e sa come metterle a sistema con le proprie specifiche competenze, può contrastare e gestire una crisi in modo efficace e svolgere un ruolo attivo su quel territorio.

Qualunque altro tipo di competenza o di professionalità sarebbe inutile se non, addirittura, di intralcio.

La competenza e la professionalità del soccorritore vigile del fuoco si doveva, dunque, esprimere su un “territorio” diverso che avesse tuttavia delle rappresentazioni cognitive in comune con quelle del mondo dei soccorritori sanitari, ovvero delle mappe concettuali integrabili o collocabili nella loro immediata prossimità.

Ed ecco che lo specifico intervento dei vigili del fuoco in questa crisi sistemica si sostanzia attraverso compiti di collegamento, di logistica e di supposto alle strutture sanitarie ed al sistema di Protezione Civile nazionale e locale.

In  occasione di questa particolare emergenza, i vigili del fuoco, stanno svolgendo il ruolo che ricopre il “tessuto connettivo” in un organismo, cioè quello di mettere in collegamento i vari organi e consentirne un funzionamento armonico ed efficace.

In questo nuovo e contingente ruolo di tessuto connettivo all’interno del sistema di Protezione Civile e tra esso, le strutture sanitarie e le comunità maggiormente colpite, il vigile del fuoco ha probabilmente ritrovato il senso di essere soccorritore anche in un’emergenza che, inizialmente, sembrava appartenergli solo marginalmente.

In realtà, conoscevamo già lo spazio di integrazione tra questi mondi ed il comune denominatore l’abbiamo da sempre definito come “relazione di aiuto”.

Si trattava soltanto di riscoprirlo e di esprimerlo attraverso nuovi paradigmi.

 I fattori protettivi del soccorritore  – Una professione di aiuto e la conseguente attivazione di “relazioni di aiuto” richiede, al soccorritore, di ricorrere a fattori protettivi che vanno ben oltre ai dispositivi di protezione individuale (DPI).

Deve fare ricorso a fattori protettivi “relazionali”, iniziando dall’acquisizione, dal mantenimento e dallo sviluppo di competenze emotive e sociali che gli consentano di muoversi all’interno di un continuum di consapevolezza che parte dal riconoscere le motivazioni di fondo che lo hanno portato a scegliere di fare il soccorritore (perché lo faccio? Perché lo voglio fare?). Dunque le domande che si deve fare il soccorritore sono: “perché lo faccio??”, “perché scelgo di andare incontro alla sofferenza e al dolore piuttosto che prenderne le distanze, come farebbero naturalmente gran parte delle persone?”.

La consapevolezza della scelta di essere un soccorritore porta alla conseguente consapevolezza del ruolo svolto all’interno dell’organizzazione e della comunità di riferimento. Porta, altresì, ad una coerenza tra pensiero, azione ed emozione, ovvero ad un comportamento percepito dagli altri come autentico.

Raggiunti questi livelli di coerenza e competenza, attraverso processi di informazione, formazione e addestramento, risulta altresì necessario acquisire competenze specifiche come la capacità di risoluzione dei problemi (problem solving), quella di prendere decisioni (decision making) e, soprattutto, la capacità di acquisire velocemente dati e informazioni e di elaborarle altrettanto rapidamente, anche per sviluppare nuove competenze in divenire. In altri termini, imparando ad imparare velocemente “nella” e “dalla” crisi.

Tutte le conoscenze e le competenze di base sono il presupposto per un’appropriata percezione del rischio, necessaria a prendere decisioni e scegliere comportamenti efficaci ed orientati alla massima protezione del soccorritore vigile del fuoco ed al raggiungimento del miglior risultato possibile.

Un’agire operativo improntato alla coerenza tra pensiero, azione ed emozione (del soccorritore), oltre che da una lettura del rischio in chiave probabilistica, non può prescindere da una visione strutturale e sistemica che implica un’adeguata conoscenza della dimensione percettiva soggettiva e dei correlati fattori umani che ne influenzano in modo significativo la percezione, anche tenendo conto delle diversificate culture locali.

Drop your tools!” –  così la metafora che lo studioso di organizzazioni Karl E. Weick utilizza, come estrema sintesi, nella sua analisi del disastro di “Mann Gulch” (USA, Montana, 1949), diventa quanto mai attuale ai nostri giorni, in piena emergenza epidemiologica da Codiv-19.

Mollate l’attrezzatura!” diventa, dunque, la metafora per descrivere la necessità di ricercare nuovi paradigmi organizzativi e conseguenti rinnovate procedure operative oltre che nuovi approcci metodologici e comportamentali, riferibili alla contingenza e utilizzabili con successo in questa insidiosa crisi sistemica di portata globale.

luigi.deluca@vigilfuoco.it

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