cronaca

Lampedusa, quattro sbarchi nella notte. Dalla Tunisia echi di nuove violenze

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Sono arrivati tutti in meno di un’ora. Mentre sull’isola si concludevano le commemorazioni per la strage del 3 ottobre, duecentosessanta persone sono arrivate nella tarda serata di ieri sull’isola di Lampedusa. Il primo gruppo si è perso e con la barca si è schiantato sugli scogli vicino Cala Maluk, a pochi passi dalla porta d’Europa dove ieri a centinaia hanno lanciato fiori fra le onde per ricordare le vittime che il mare non ha mai restituito.

A dare l’allarme, il guardiano della spiaggia, che ha avvertito i carabinieri. Quando ambulanze e mezzi della Croce Rossa sono arrivati, sul ciglio della strada hanno trovato 98 ragazzini infreddoliti, spaventati, stanchi. Erano partiti da Zwara, in Libia, ventiquattro ore prima pressati tutti su un barcone di legno. Stesso porto da cui ha preso il largo più o meno alla stessa ora due delle tre carrette intercettate dalla Finanza. In tutto, un centinaio di persone, arrivate dopo più di un giorno di viaggio su instabili barchini di legno. “A bordo – spiega il portavoce Oim Flavio Di Giacomo – C’erano anche alcune donne siriane, di cui una con ferite di guerra, stremate dal viaggio e traumatizzate dall’esperienza in Libia”. Ma a tarda sera a Lampedusa è arrivato anche un gommone dalla Tunisia, con a bordo quarantatré persone fra cui 16 minori non accompagnati.

Secondo alcune fonti, sarebbero ricominciate anche le deportazioni verso il deserto, al confine con la Libia. L’ultima operazione risale al 29 settembre. Secondo le ong che operano in Tunisia, circa 400 persone sono state bloccate a Sfax e deportate a Nalut, dove sono state consegnate alle milizie dello Stability Support Apparatus. Nella giornata di ieri, un gruppo di profughi sud sudanesi che ha inscenato una protesta sarebbe stato violentemente attaccato dalle forze di polizia, che controllano da vicino anche il sit in a oltranza delle famiglie dei detenuti politici in corso a Tunisi. In tanti però starebbero ancora tentando di fuggire. A Lampedusa si guarda il mare e si aspetta.

LA REPUBBLICA

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