Vigili del fuoco

Bus Mestre, il dolore dei vigili del fuoco: “Le persone salvate, la fila dei cadaveri e le lacrime in caserma”

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I sanitari del 118 che “correvano verso le ambulanze come dei pazzi con le barelle” e i colleghi “di provatissima esperienza” che “ho visto agire sul posto senza un tentennamento e poi scoppiare a piangere alla fine del lavoro”. Sono le parole di Mauro Luongo, comandante dei vigili del fuoco di Venezia in una intervista rilasciata al Corriere della Sera dopo la tragedia di Mestre dove un bus con turisti a bordo è precipitato da un cavalcavia provocando 21 morti e 16 feriti, di cui sei in gravi condizioni. L’immagine che il capo dei vigili del fuoco della Laguna non si riesce a togliere dalla mente è “la fila dei cadaveri che diventava sempre più lunga, alla fine ne avevamo qui 19, due delle vittime sono decedute in ospedale”.

Coinvolti 60 vigili del fuoco, provenienti anche da altri comandi. “Più siamo più è difficile agire, coordinare tutto. Sono stati bravissimi” commenta Luongo. “Ne abbiamo tirate fuori 17, comprese le due che poi sono morte in ospedale” aggiunge. Una scena definita apocalittica dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e considerata dallo stesso comandante inedita anche per i veterani dei vigili del fuoco: “Di incidenti stradali ne seguiamo molti. Siamo abituati, se si può dire così, ad affrontare la sofferenza della gente. Fra noi chiamiamo ‘incarcerati’ le persone da liberare nei mezzi incidentati. Qui c’erano gli incarcerati, c’erano tutti quei morti, c’era il volo da più di dieci metri, il fuoco…”.

“È stato attivato da subito il percorso psicologico della Croce rossa – ha raccontato Luongo – un primo incontro con gli psicologi in caserma, tutti assieme. Ho visto molti colleghi coinvolti emotivamente. Quando arrivi su una scena del genere ti dai da fare e basta, scattano automatismi, sei addestrato per essere lucido, per la competenza. Poi, però, quando l’intervento finisce, è un’altra cosa. Ho visto colleghi di provatissima esperienza agire sul posto senza un tentennamento e poi scoppiare a piangere alla fine del lavoro”.

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