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Il parlamento dà una mano alla serie A: ecco la norma ”salva calcio”

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Norma salva calcio, che cos’è il paracadute che potrebbe essere approvato dal governo guidato da Giorgia Meloni nella legge di Bilancio 2023 per salvare i debiti fiscali delle società calcistiche? La norma consente alle società di calcio e associazioni sportive di poter rateizzare in 60 mesi il pagamento dei versamenti sospesi per l’emergenza Covid. Debiti che, altrimenti, andrebbero pagati in un’unica soluzione entro domani 22 dicembre 2022. L’emendamento, tuttavia, sta procurando non poche tensioni tra maggioranza e opposizione, soprattutto perché si vorrebbe estendere il provvedimento anche a tutte le altre società, anche non appartenenti al panorama sportivo, dal momento che gli effetti negativi della pandemia si sono riversati anche su di loro. In più, nella giornata di ieri è saltato l’emendamento dello scudo sui reati fiscali: il provvedimento prevedeva la possibilità di aderire alla rateizzazione in cinque anni dei debiti evitando guai peggiori.

Norma salva calcio, che cos’è l’emendamento che sta provocando tensioni tra maggioranza e opposizione

La questione della norma salva calcio nasce dalla salvaguardia introdotta a favore delle società sportive per il pagamento dei propri debiti fiscali. Tale salvaguardia era stata dapprima estesa anche alle altre imprese (norma “salva imprese”, sulla spinta del ministro Giancarlo Giorgetti e della Lega) – consentendo a tutte le imprese che si sono viste sospendere le tasse dal 1° gennaio al 22 ottobre scorsi di pagare in 60 mesi i debiti fiscali – per poi tornare a interessare solo le federazioni e le società sportive. La scelta è stata pertanto quella di non allargare il campo delle imprese beneficiarie della misura rispetto alle sole sportive. Altra questione che ha scatenato le ire dell’opposizione nella giornata di ieri è stata quella dello scudo sui reati fiscali che, alla fine, è saltato ma che potrebbe essere riproposto nel 2023 in uno dei prossimi provvedimenti del governo guidato da Giorgia Meloni, quasi certamente la delega per la riforma fiscale. Verso l’ok definitivo rimane dunque solo la norma salva calcio che consentirà di pagare 889 milioni di euro di debiti fiscali delle società sportive in cinque anni, a patto di versare tre rate entro la fine di dicembre 2022.

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Grazie, veramente grazie, di cuore.
E lo diciamo a nome di chi, come noi che – diceva la fondamentale canzone ”siamo belli” e ”siamo in tanti” – non avendo problemi economici e non patendo le conseguenze di bollette energetiche esorbitanti, non aspettavamo che di leggere che il nostro Parlamento sta per votare una norma che aiuterà le tanto disgraziate società di calcio.
Contenti, eh? E come potrebbe essere altrimenti vedendo, con nostra intima sofferenza e partecipazione, come, per mangiare, i calciatori di serie A, costretti a vendere i loro macchinoni e gli orologi di gran lusso, fanno la fila davanti alla Caritas diocesana o al banco alimentare per potere prendere la solita busta di plastica con pasta, un secondo, frutta e una bottiglietta d’acqua minerale. Per fortuna abbiamo mandato a rappresentarci, alla Camera ed al Senato, persone che ci capiscono, che sanno cogliere i nostri reconditi pensieri e le nostre non manifestate speranzi e quindi si preparano a tendere una mano a chi non riesce sempre a mettere pranzo e cena nella stessa giornata.

Parlamento: ecco la norma ”salva calcio”

La misura (che qualcuno, abusando della nostra pazienza, osa chiamare ‘salva calcio’) prevede che la montagna di denaro non versato dalle società di serie A all’erario durante la pandemia sia spalmato, per la restituzione allo Stato, su sessanta mesi (che, alle nostre latitudini, corrispondono a cinque anni). Ovviamente a partire dal 2023 e con una maggiorazione del 3 per cento (una percentuale da ”amico”) sugli attuali 889 milioni di tasse che, tra cielo e terra, son sospesi.
Ma ora smettiamo di parlare sorridendo di questa faccenda che, al di là del nostro tono canzonatorio, è invece molto seria, addirittura grave. Perché significa che oggi in Italia si è avuta conferma di una extraterritorialità morale di alcune categorie. Perché se Mario Bianchi, impiegato, o Giuseppe Rossi, venditore amnbulante, si presentano all’Ufficio delle entrate pregando per una dilazione del pagamento di un debito o una sua ristrutturazione, pensate veramente che la loro richiesta sia accolta con pasticcini o spumante (essendo creditori, meglio evitare)? Oppure che, per strappare un accordo, anche molto penalizzante, occorrerà sputare sangue, frammisto a sudore e lacrime?

Questo vale per i cittadini comuni, per quelli che sono importanti ed eguali solo agli occhi di Dio. In politica le cose vanno in modo diverso perché a valere sono altri ragionamenti, legati magari ai bacini di consenso che il grande calcio si porta dietro.
Ed invece di bacchettare chi non ha pagato per tempo si trova un modo per favorire le società di A, perché, diciamocelo tra di noi, questa norma è un favore pesante, consentendo di articolare il debito su cinque anni, non onorandolo invece immediatamente, come invece era normale. Mettiamo da parte il facile moralismo, ma qualcuno, magari armato di grande pazienza (noi italiani siamo cocciuti, ma anche parecchio permalosi, oltre ad essere in maggioranza disincantati) potrebbe pure spiegarci di quali meriti il grande calcio si possa ammantare, se non deliziando gli appassionati di un spettacolo nemmeno granché e che in ogni caso, per due tornei di fila, ci ha visti giustamente esclusi dalla fase finale della Coppa del Mondo perché, per dirla con un giro di parole, non lo meritavamo affatto.

Intanto, però, un emendamento rifilerà, a noi italiani, un bell’emendamento, che pare abbia un padre di cui tutti conoscono il nome, ma evitando di farlo.
Un emendamento che arriva proprio quando il club più titolato d’Italia è alle prese con una indagine non da poco che riguarda valutazioni dei calciatori (materia opinabile, comunque), bilancio, cartuccelle scritte e che dovevano sparire (per come sono state) tornando però a galla.

La Juventus, squadra proprietà della famiglia Agnelli, sta col fiato sospeso per le varie indagini che la riguardano, sia penali che della giustizia sportiva. La Juventus, appunto, godrà anch’essa della norma, relativa peraltro ad un periodo della storia recente in cui la pandemia e la sospensione del campionato avrebbe reso necessario qualche arzigogolo contabile.
Bella domanda perché come la mettiamo se, una volta rateizzato il debito con l’erario, si scoprisse che le carte della Juventus, su cui sono stati fatti i relativi calcoli, erano fasulle?

TAGS: serie aeconomiacalciosport

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